Negli ultimi tempi ho potuto constatare, in diverse sedi e circostanze, come l’unico fiume della Puglia ed il secondo, per estensione, delle regioni meridionali è del tutto ignorato o quanto meno sottovalutato dall’iconografia ufficiale e politico-istituzionale. Addirittura, neanche il linguaggio multimediale di un comune smartphone riconosce affatto la parola “Ofanto”, così come al Servizio informazioni Parlamentari non risulta noto un certo fiume Ofanto…


Se poi accostiamo tali, pragmatiche constatazioni ad altre, spiacevoli occasioni di carattere topografico, quali la carenza di una segnalazione stradale che ne indichi la sorgente o la media valle o la foce; oppure alla inesistenza di una mobilità integrata lungo la Valle (per non dire della scarsità delle reti di telecomunicazione e infrastrutturali), ebbene la reazione non può che essere una vibrata protesta, sacrosanta denuncia, accompagnate da un’adeguata rivendicazione socio-economica.
Ad onor del vero, va detto che l’attività di promozione e valorizzazione del fiume invisibile è iniziata nel 2011, da parte del Consorzio sviluppo sostenibile Valle dell’Ofanto che, tuttora, si erge fieramente a tutela di un territorio, oggi poco conosciuto, che rimembra antiche origini ed epiche battaglie, con i primissimi insediamenti risalenti al periodo Neolitico (IV millennio a. C.) ed all’età del Bronzo (Antica Salapia), attraverso il parco archeologico di Canosa di Puglia, la Battaglia di Canne (216 a. C.), la Riserva marina di Margherita di Savoia con le Saline più vaste d’Europa, i Castelli svevi di Barletta (la città della Disfida), Melfi (la città delle “Constitutiones Melphitanae” di Federico II) e Lagonegro, le tenute agricole già latifondi nobiliari ed il Piano delle fosse granarie di Cerignola, le Sorgenti site a Torella dei Longobardi, area ancora incontaminata (loc. Fiume che bolle), la riapertura recente della linea ferroviaria Avellino – Rocchetta S. Antonio, una delle più antiche d’Italia (regnante Ferdinando II): il tutto concorre mirabilmente a dare una  bellezza straordinaria.
Il bacino idrografico raggiunge tratti montani che toccano quota mt. 1.490 (Montagnone) e nella media valle il Monte Vulture, vulcanico, è famoso sia per i laghi, sia per la salutare  acqua minerale. Già duemila anni fa il poeta Orazio Flacco di Venosa (Pz.) decantava l’Aufidus tauriformis che con la sua potenza tracimava pericolosamente, spingendosi anche verso la Terra di Bari. Oggi, invece, l’evoluzione antropica e l’abuso, ormai annoso, delle acque a fini agricoli, grazie ad una scarsissima vigilanza, ma soprattutto ad una legislazione carente a difesa dell’ambiente, il corso imbrifero è mutato nel suo aspetto fisico, morfologico e geografico, accorciandosi di circa km. 20 ( vds. Stabilimento FIAT a San Nicola di Melfi).Il consorzio “Pro Ofanto”, con atto di significazione, diffida e messa in mora, in data 8/3/2012, si rivolgeva legalmente, in modo diretto, verso tutte le competenti autorità, istituzionali e tecnico-amministrative, chiedendo a ciascun di loro “attivandosi secondo le proprie competenze e funzioni..” di provvedere “in tempi rapidi, alla scelta e all’insediamento del Consorzio di gestione del Fiume Ofanto, come previsto dalla legge n. 37/2007” (Regione Puglia), diffidandoli e fissando un termine di 30 giorni per i provvedimenti in questione.
Il 17 febbraio 2014 veniva presentata, a cura di uno studio legale romano, esperto in materia, una documentata denuncia di “danno ambientale” a causa dello sversamento di materiali tossici nelle province di Foggia e Barletta Andria Trani. E sempre nel 2014, il 27 novembre, l’avv. Albanese, penalista foggiana, in nome e per conto del consorzio, richiedeva al Tribunale di Foggia “la giusta condanna degli imputati in merito a tutti i reati ascritti… e ristoro dei danni materiali e morali subiti e subendi in conseguenza della condotta illecita…”.
Entrambe le richieste venivano accolte: il reclamo alla Commissione europea, D. G. Ambiente, pur avendo prodotto adeguata attenzione in merito al “presunto sversamento di rifiuti tossici nel territorio..”, veniva successivamente “archiviato”  in quanto “la Commissione non è competente per condurre ispezioni .. al fine di verificare il rispetto della normativa europea.. e che le autorità nazionali hanno la responsabilità di garantire l’adeguata applicazione delle disposizioni nazionali”.
Quanto all’Atto di costituzione di parte civile nel processo Black land (Terra dei fuochi in Puglia), esso è tuttora in fase dibattimentale, con le prossime udienze, fissate per l’ascolto dei testimoni della difesa (giorni 5 e 19 novembre p.v.) e dei consulenti di parte il 3 dicembre ’18.
Sotto il profilo legislativo e ministeriale, la situazione è altrettanto problematica, nel senso che al termine di un lungo e travagliato iter – dal decreto legislativo n. 152/2006 alla legge 221/2015, fino al D. M. Ambiente n. 294/2016 – abbiamo assistito alla soppressione delle Autorità di Bacino, tra cui quella della Regione Puglia, ed all’istituzione di sette Autorità Distrettuali idrografiche. La “nostra” che si occuperà del bacino del fiume Ofanto è l’Autorità di bacino Distrettuale Meridionale, che avrà un cospicuo (pletorico?) numero di organi al proprio interno: a) la conferenza istituzionale permanente, b) il segretario generale, c) la conferenza operativa, d) la segreteria tecnico operativa, e) il collegio dei revisori dei conti.
Si parla al futuro prossimo in quanto l’ultimo atto amministrativo che disciplina la complessa organizzazione è appena stato emanato con D.P.C.M. in data 4/4/2018 (pubblicato su G.U. n. 135 del 13/6/2018).  Non poche perplessità e fondati dubbi possono sorgere a chi si occupa delle questioni ambientali da decenni o, peggio, conosce da vicino la macchinosità del sistema tecnico-amministrativo italiano, senza voler mettere in discussione l’effettiva o meno competenza dei dirigenti e del personale o dei consulenti chiamati  a tali, onerosi compiti, che si estendono dalla sorgente al fondo valle, includendo aspetti critici di tutela e sostenibilità della fascia costiera, non che il risanamento del litorale (si pensi allo stravolgimento delle legge Galasso, con costruzioni abusive di edifici ad uso abitativo o stabilimenti balneari “non transitori”).
Cotanto patrimonio di bellezza naturale e storica, di ricchezza idrografica, artistica e culturale, meriterebbe ben altra attenzione e conoscenza, quindi azioni a tutela e per la valorizzazione in
chiave di sviluppo sostenibile. Pertanto, il consorzio sostiene con forza e convinzione la necessità di istituire il Parco nazionale o inter-regionale del fiume Ofanto, con legge ordinaria dello Stato, secondo quanto già previsto nel proprio Statuto sociale (vds. Sito web), pur in grave ritardo.
A tal proposito, leggasi il Rapporto ASVIS 2018, appena presentato a Montecitorio, in cui si denuncia il notevole ritardo per una “governance” delle politiche di sviluppo sostenibile che tenga al primo punto dell’agenda l’acqua e subito dopo il sistema energetico. Mentre segnala dati positivi nel campo dell’agricoltura sostenibile, lotta al cambiamento climatico e modelli di produzione e di consumo, meno male!
Si tratta, in buona sostanza, di sfide decisive ed essenziali per la sopravvivenza del pianeta, ovvero per il miglioramento della qualità della vita cui il consorzio non intende sottrarsi e per cui invita alla cooperazione/partenariato tutti i soggetti attori del territorio, particolarmente gli operatori socio-culturali, associazioni di categoria e ambientaliste.
Hanno già aderito: le Fondazioni Bruno Buozzi e Pietro Nenni, Roma, le Associazioni “Ruota libera Bari”, “Eclettica” Barletta, “Ambientiamo Cerignola”, “Proloco”  e “Fondazione Giuseppe Pavoncelli”, Cerignola.

Roma, 11/10/2018
IL PRESIDENTE
Dott. Michele Marino