La Valle del fiume Ofanto, estesa per oltre 2.700 kmq., collega l’Appennino meridionale dell’Irpinia con la costa adriatica pugliese.
Al suo interno, dal secolo XIX al XX sono state costruite alcune tratte ferroviarie, scartamento ordinario, in grado di percorrere a binario unico itinerari molto suggestivi (ed in buona parte ancora incontaminati) sotto il profilo paesaggistico, culturale e ambientale.

Il primo tratto considerato collega la stazione di Barletta, (capoluogo di Provincia) con la stazione di Spinazzola. La stazione di Barletta è posta sulla direttrice adriatica e oltre ad essere stazione di scambio con la tratta per Spinazzola è anche terminale della Ferrovia Bari Nord, gestita da Ferrotranviaria S.p.A. e presto sarà anche terminale di collegamento con l’aeroporto Karol Wojtyła di Bari Palese. L’intero percorso della Barletta – Spinazzola è lungo Km. 65 + 682. La stazione di Barletta è posta a quota + 20,00 m., mentre la stazione di arrivo è situata a quota + 442, 0 metri s. l. m.

La ferrovia s’inerpica lungo l’altopiano collinare della Murgia barese, toccando, lungo tutto il percorso, località di notevole interesse storico, ambientale e culturale. La città di partenza di questo itinerario è capoluogo di provincia della sesta provincia pugliese (B.A.T.). Da luglio del 2005 la città è stata inclusa nel registro regionale dei Comuni ad economia prevalentemente turistica come “città d’arte”.

Infatti, grazie alle numerose iniziative di promozione degli straordinari beni artistici e architettonici, alla tutela dei beni storici intrapresa ormai da molti anni d’intesa con la Soprintendenza ai Beni Culturali, Barletta è oggetto, ultimamente, dell’attenzione dei tour operator che sempre più spesso la includono nei percorsi turistici, soprattutto degli ospiti stranieri.

E’ solo il caso ricordare, in questa fase, alcuni tra le più rilevanti opere d’arte della città tra le quali spiccano: il Castello svevo che si affaccia sul mare, il colosso bronzeo, la cantina della storica disfida, il busto di Federico II di Svevia, il palazzo della Marra, la Pinacoteca “De Nittis”, oltre alle numerose testimonianze religiose, alcune risalenti alle crociate. Ma anche l’ambiente naturale, con la foce del fiume Ofanto, quale porta del parco regionale del fiume è un habitat di straordinaria unicità, utilizzato quale area di sosta dall’avifauna migratoria lungo la rotta che collega il nord Africa con il nord Europa.

In prossimità dell’Ofanto, a circa dodici chilometri dalla stazione di Barletta è presente la stazione di Canne della Battaglia. Essa, recentemente restaurata a cura del “Comitato pro Canne della Battaglia”, ha la funzione di far conoscere e di valorizzare un sito archeologico che meriterebbe ben altra fortuna ed è posta a pochi metri da due importanti luoghi di carattere storico archeologico: la cittadella di Canne della Battaglia e le terme romaniche di San Mercurio.

La cittadella di Canne della Battaglia può essere paragonata ad una Pompei in miniatura. In questa località sono, infatti, presenti i resti di un insediamento romano risalente al VI secolo a.C.. La particolarità di questi suggestivi reperti, è che nel 216 a.C., in questo luogo si è svolta la più epica e cruenta battaglia di tutti i tempi: una vera carneficina. Tale battaglia vide i romani comandati da Terenzio Varrone soccombere agli spietati Cartaginesi, capeggiati dallo stratega Annibale (si ricorda, peraltro, che il comandante cartaginese ideava e pianificava gli scontri bellici sempre in prossimità di fiumi e laghi della nostra penisola – vedi www.asstrai.org “itinerari annibalici del turismo e del vino”).

Dotata di un centro per visitatori, la stazione è gestita sotto la vigilanza del Ministero Beni e Attività Culturali.

Proseguendo l’itinerario all’interno e attraversando la pianura alluvionale del fiume Ofanto, dopo circa 13 km. dalla stazione di Canne si raggiunge il centro abitato di Canosa di Puglia (a quota 82,0 mt. s.l.m.).

La stazione, oggi, risulta parzialmente in disuso, anche se la sua collocazione nel centro abitato rappresenta un punto di riferimento per l’area ofantina circostante.

La città, con oltre 30.000 abitanti, rappresenta una notevolissima risorsa culturale, dotata di un patrimonio archeologico, storico e artistico da valorizzare, essendo in grado di offrire diversi itinerari, di indubbio interesse culturale, organizzati e strutturati in percorsi turistici molto ben elaborati.

L’itinerario che offre Canosa di Puglia si snoda, naturalmente, lungo le tracce ben visibili che la storia millenaria ha lasciato: esso parte dai reperti risalenti al IV secolo a.C., giunge a quelli medioevali e bizantini, passando per quelli dell’età imperiale attraverso il “percorso Dauno” (IV – III sec. a. C.).

Secondo la leggenda, Canosa di Puglia fu fondata dall’eroe omerico Diomede ed era una delle principali città della Apulia, lungo la Via Appia Traianea che collegava Brundisium a Roma.

Essa è diventata centro culturale in seguito alla scoperta di importanti ipogei funerari, tra i quali spiccano gli ipogei Lagrasta del III sec. a.C.. Il percorso romano con l’età imperiale va, dunque, dal IV sec. a.C. al III sec. d.C. quando Canusium viene testimoniata come importante centro commerciale e dell’industria ceramica.

Tra i complessi monumentali di maggior rilievo del periodo si ricorda il Tempio Italico, costruzione questa di manifestazione celebrativa e propagandistica dell’alleanza romano-canosina.

Il tempio, recentemente restaurato, sorge a poche centinaia di metri dall’odierna città, sul colle S. Leucio. Particolarmente degno di rilievo è anche l’arco di Traiano. L’ arco onorario, conosciuto con il nome di Arco di Terenzio Varrone, fu edificato nel II sec. d.C., sorge in un’area utilizzata come necropoli e fungeva quale porta di accesso alla città posta sulla via Traiana, in passato una delle vie più importanti dell’Impero romano.

Lungo questa via è ancor oggi presente, poco distante dall’abitato, un ponte romanico che scavalca il fiume Ofanto, in grado di resistere perfettamente all’incuria delle istituzioni e del tempo. Il percorso paleocristiano è identificato dai resti della Basilica di San Leucio, dal Battistero di San Giovanni, dalla Necropoli e dai reperti della Basilica di Santa Sofia, di età dal III a.C. al V d.C..

Infine il percorso medioevale con i ruderi del Castello in cui oggi sono visibili i resti dei muri perimetrali e incantevoli torri merlate, comprende la cattedrale di San Sabino ed il Mausoleo di Boemondo, eretto della moglie Costanza di Francia, dopo la morte del Principe avvenuta nel 1111.

Proseguendo l’itinerario, la ferrovia incomincia ad inerpicarsi sul tratto costiero della Murgia barese e dopo circa 19,0 Km. si giunge in prossimità dell’abitato di Minervino Murge a quota 350 mt. s.l.m..

La stazione attuale è posta a circa 4,0 km dal centro abitato. Minervino, oggi, conta circa 9.500 abitanti e si erge su di una collina, considerata il balcone della Puglia per la sua posizione panoramica in grado di dominare la pianura sottostante nella quale scorre il fiume Ofanto.

La sua posizione, associata ad una discreta altitudine, fanno dell’abitato uno dei luoghi in cui la qualità dell’ambiente si distingue tra le altre cittadine della provincia e trova nella presenza delle specialità enogastronomiche e ambientali il punto di forza per un rilancio turistico-culturale del territorio.

La cittadina, le cui origini medioevali presentano un centro storico denominato la “Scesciola”, da’ la netta sensazione di aver compiuto un salto indietro nel tempo: viuzze dall’andamento irregolare, povere case imbiancate a calce, un continuo susseguirsi di archetti in tufo caratterizzano l’ambiente ancora vivo e pulsante . E’ proprio qui che le specialità enogastronomiche nelle quali i funghi carboncelli, i formaggi di pecora e capra, le cime di rapa, le carni, gli insaccati di pecora e di maiale, recentemente anche la scoperta del tartufo, realizzano un connubio di profumi e sapori unici, vanto della tradizione culinaria locale.

Ma non sono solo gli appetibili prodotti eno – gastronomici ad esaltare le unicità di questo territorio, che presenta caratteristiche singolari: Minervino Murge può essere considerata anche l’abitato degli ipogei carsici. Difatti sono state censite, al catasto regionale delle grotte della Regione Puglia, oltre quaranta grotte carsiche, alcune di recente scoperta, come le grotte Dellisanti, in grado di rappresentare un attraente richiamo in termini di risorsa e di sviluppo sostenibile per l’intera Regione per la realizzazione di una “palestra di speleologia”.

Continuando il percorso, la ferrovia attraversa dopo circa nove chilometri, con possibilità di fermata facoltativa in una struttura oggi dismessa, il bosco di “Acquatetta” che prende il nome dall’omonima località. Si tratta di un bosco di piante conifere, di nuovo impianto per cui non autoctono, esteso per circa 1100 ettari e quindi rappresenta, per ampiezza, il secondo bosco della regione. Solo a valle, nei pressi della stazione ferroviaria “Fermata di Acquatetta” (ora dismessa) rimane un piccolo nucleo di bosco autoctono delle originarie querce.

Il polmone verde è ricchissimo di fauna aviaria e in tempi recenti è stato reintrodotto il cinghiale che ha trovato un habitat particolarmente favorevole, determinando un favorevole sviluppo della popolazione degli ungulati che si è rapidamente adattata.

Recentemente pure il lupo ha fatto la sua ricomparsa. Va sottolineato anche che il bosco di “Acquatetta” è ricompreso nella “zona 1” del Parco nazionale dell’ Alta Murgia, cioè in un’area ecologica di massima protezione; esso è utilizzato da oltre un decennio da un folto gruppo di amanti del “running” e del “trekking” e risulta adatto per lo svolgimento di qualunque pratica sportiva.

Alla progressiva, 59 + 840 è situata la fermata facoltativa di Paredano, utilizzata in passato quale fermata per i braccianti agricoli locali delle numerose masserie presenti nel territorio. Infine, dopo 65 chilometri circa , alla considerevole quota di 442 metri s.l.m., si raggiunge la stazione di Spinazzola.

Questa, oltre a servire l’abitato , è nodo di scambio tra la linea Rocchetta S. Antonio – Gioia del Colle e la diramazione per Spinazzola città. L’abitato di Spinazzola, insieme all’abitato di Minervino Murge, rappresentano i comuni collinari murgiani, le cui caratteristiche geomorfologiche di tipo carsico, associato alla presenza di una copertura di sedimenti recenti, determinano la presenza nel territorio di numerose scaturigini con la possibile coincidenza di numerose sorgenti di acqua potabile.

La sua origine risale al secolo III a. C., presso una “STATIO ROMANA” ubicata sulla Via Appia a 12 miglia da Venosa e denominata “Ad Pinum”, nome che deriverebbe da “ex pino solo”, da cui “Espinosolo” quindi ” Spinosolo” ed infine “Spinazzola”.

Oggi il fiorente centro agricolo presenta una popolazione residente di circa 7.000 abitanti e la parte nuova dell’abitato si è sviluppata intorno ad un centro storico di assetto medioevale, con stradine (la più stretta è di cm. 70), vicoli, piazzette, vignali, archi di collegamento, aggettanti ed ogivali, antichi numeri civici con cifre e lettere su mattonelle in terracotta. Un ambiente molto caratteristico, con scorci improvvisi sul panorama e su particolari architettonici che fu scelto dalla regista Lina Wertmuller per le scene del film “Ninfa Plebea”.

Punto di forza del territorio murgiano è l’ambiente, dove la qualità della vita trova nell’artigianato e nelle specialità enogastronomiche gli aspetti più singolari di un borgo a misura d’uomo che merita di esser visitato e apprezzato maggiormente dal turismo nazionale ed anche internazionale.